MEDICINE NON CONVENZIONALI
Il comportamento che il medico deve tenere quando esercita una pratica non convenzionali (art. 15 c.d.m.): “Il ricorso a pratiche non convenzionali non può prescindere dal rispetto del decoro e della dignità della professione e si esprime nell’esclusivo ambito della diretta e non delegabile responsabilità professionale del medico. Il ricorso a pratiche non convenzionali non deve comunque sottrarre il cittadino a trattamenti specifici e scientificamente consolidati e richiede sempre circostanziata informazione e acquisizione del consenso (..)”.

La prescrizione di un farmaco deve essere improntata a criteri non solo di semplice opportunità ma soprattutto di utilità e di necessità. Questa sussiste solo quando si è convinti che quel farmaco, somministrato a quelle dosi, con quelle modalità e per quel certo tempo è effettivamente indispensabile o quanto meno utile alla cura di quella malattia o di quei disturbi o alla prevenzione, cioè che serve effettivamente alla tutela della salute o della vita dell’assistito, essendo certi che il rapporto rischi-benefici questi ultimi sono prevalenti sui primi.

Le problematiche inerenti il consenso risultano pertanto particolarmente complesse nelle terapie - non convenzionali - in relazione alla mancanza delle verifiche scientifiche e della validazione di tali trattamenti. La sua presenza, non implica né può peraltro implicare esonero di responsabilità del medico che rimane direttamente responsabile della qualità della prestazione sanitaria.

In riferimento alle medicine non convenzionali è eticamente e giuridicamente ineludibile l’obbligo di informare il paziente, al momento della scelta del trattamento terapeutico, sulla alternativa rappresentata da una terapia ufficiale ampliamente validata e di provata efficacia con prognosi ad alta probabilità favorevole nonché dei rischi di un eventuale rifiuto di essa. In tal senso il medico deve, per evitare pericolosi equivoci, specificare al paziente che un trattamento medico «alternativo» è in grado di sostituirne un altro, mentre una terapia «complementare» è utilizzata a scopo integrativo. Solo il preciso contesto clinico, nel quale la terapia è utilizzata, permette di determinare se essa sia all’occorrenza alternativa o complementare.

L’omissione di una diligente informazione del paziente circa il trattamento medico chirurgico da intraprendere, anche nel settore delle medicine non convenzionali, - costituisce già di per sé - un comportamento censurabile che, nel caso in cui diventi fonte di un danno biologico oggettivamente dimostrabile in sede medico legale, può diventare motivo di responsabilità professionale.

 


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Dott. Davide Matta